LO STEMMA DI PAPA FRANCESCO

(ASCA) - Città del Vaticano, 18 marzo 2013 - ''Il papa Francesco ha deciso di mantenere lo stemma e il motto di quando era arcivescovo di Buenos Aires''. Lo ha detto il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi durante il briefing con la stampa. Nei tratti, essenziali, il Papa Francesco ha deciso di conservare il suo stemma anteriore, scelto fin dalla sua consacrazione episcopale e caratterizzato da una lineare semplicità. Lo scudo blu è sormontato dai simboli della dignità pontificia, uguali a quelli voluti dal predecessore Benedetto XVI (mitra collocata tra chiavi decussate d'oro e d'argento, rilegate da un cordone rosso) . In alto, campeggia l'emblema dell'ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo. La stella, secondo l'antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica San Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, San Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine Santissima e San Giuseppe. Il motto di papa Francesco è tratto dalle Omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote, il quale, commentando l'episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: ''Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me'' (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di San Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nell'itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di San Matteo dell'anno 1953, il giovane Jorge Mario Bergoglio sperimentò, all'età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si senti' toccare il cuore ed avvertì la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull'esempio di Sant'Ignazio di Loyola. Una volta eletto Vescovo, mons. Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che segnò gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua Chiesa, decise di scegliere, come motto e programma di vita, l'espressione di San Beda 'miserando atque eligendo', che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio.

 

Non ci crediamo, lo diciamo subito. Ma secondo le "profezie di s. Malachia" (togliendo gli Antipapi, che a volte sono stati inclusi in questa "non affatto allegra cronologia"), papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) sarebbe il pontefice numero 102, caratterizzato dal motto: “Lumen de coelo” ("Luce nel cielo"), già adottato per Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1878-1903), ebbene nello stemma prima cardinalizio ora papale, compare proprio la “luce nel cielo”, da intendersi sia come il sole (peraltro, il “Sol de Mayo” è il simbolo che compare sulla bandiera argentina, nazione di provenienza del papa), che come stella, che si sa è la luce nel cielo notturno, anche il campo dello scudo rappresenta proprio il cielo, essendo d'azzurro. Più coincidenze di così, quindi alla fine dei tempi ne mancherebbero altri 10 (di papa)? Chi vivrà vedrà, a Dio piacendo.

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RINASCE LA "PROVINCIA DEL PRINCIPATO ULTRA"

Con le riforme volute dalla “spending review” del Governo Monti del 20 luglio 2012, la provincia di Benevento è destinata alla soppressione (ne siamo dispiaciuti), quindi niente di più logico una “nuova” fusione con quella di Avellino, che sono accomunate da tantissime cose. Niente quindi di più ragionevole di un ritorno all’antico, all’antica “provincia di Principato Ultra”, anche se per onore di storia, Benevento non ne ha mai fatto parte, essendo la città sotto il controllo dello Stato Pontificio, fino al 1860. Si potrebbe ri-chiamare questa “nuova” provincia PRINCIPATO ULTRA, come già era, questa volta con due capoluoghi: Avellino e Benevento, una nuova sigla AB e un nuovo stemma, “un partito” che racchiuderebbe le due armi già utilizzate dalle rispettive province odierne. E’ solo un’ipotesi campata in aria, ma potrebbe diventare realtà.

 

© Elio Capobianco, 2012

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L'ARALDICA

Disciplina propria dell’Araldo, che regola e governa la composizione degli stemmi gentilizi. Scienza ausiliaria della Storia che studia gli stemmi attraverso la loro descrizione (detta “blasone” o meno correttamente “blasonatura”). In generale l’Araldica sembra nascere e svilupparsi dopo la metà del XII secolo, per opera della classe nobile e guerriera dei cavalieri feudali. I simboli che adottarono non erano nuovi per quell’epoca, derivati com’erano dal passato compresa la tradizione pagana, però da quel momento tutto venne organizzato e codificato al punto di diventare una “scienza”, un sapere cioè caratteristico del tardo Medioevo ma molto meno esoterico di quello che può apparire oggi ai nostri occhi non allenati. Questi segni distintivi venivano usati in ambito guerresco e durante le manifestazioni pubbliche ed erano una sorta di attestato di diritto, legittimità, appartenenza politica o famigliare.

La tradizione afferma che furono le Crociate a far “inventare” gli emblemi, ma oggi si è quasi tutti d’accordo che furono le mutate tecniche di combattimento e soprattutto i tornei: l’elmo chiuso (a “staro” o a “bigoncia”, i più antichi) non permettevano di identificare chi l’indossava e si ricorse a questo nuovo complesso di segni.

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